Modalità collusive del convivere nelle organizzazioni. Un contributo empirico mediante l’analisi emozionale del testo.

Franco Di Maria, Fabrizio Scrima

Abstract


Il presente contributo nasce dalla richiesta d’intervento formativo commissionata da un’azienda di medie-grandi dimensioni che opera sul territorio Siciliano. Una formazione che definiremmo «data» (Carli & Paniccia, 1999), dal momento che il tema argomentato durante gli incontri è stato definito dal committente ed ha riguardato la qualità delle relazioni e comunicazioni all’interno dei gruppi di lavoro. Se pur non costruito ad hoc e temporalmente limitato, questo intervento ci ha permesso di aprire uno spazio di riflessione con i lavoratori, con l’obiettivo di sospendere per un attimo l’agito collusivo che caratterizza il modo di simbolizzare affettivamente le dinamiche relazionali a lavoro dei dipendenti dell’azienda e la possibilità di creare uno spazio in cui era «permesso» riflettere sul perché degli incontri e sul perché di alcuni agiti indici di disfunzioni organizzative.
I partecipanti al corso di formazione sono stati quindi invitati a scrivere un tema generico nel quale ognuno doveva descrivere le proprie relazioni sul posto di lavoro: modalità che ci ha permesso di raccogliere una rilevante quantità di informazioni circa le dinamiche collusive agite nella quotidiana vita lavorativa.
Il lavoro si inserisce all’interno di un complesso sistema di studi orientato all’analisi della «convivenza organizzativa». Avallone e Borgogni (2007) definiscono tale convivenza come una tipologia del vivere insieme che si sperimenta sul luogo di lavoro senza, però, avere la possibilità di scegliere le persone con le quali convivere. Applicare la psicologia allo studio della convivenza significa orientare l’attenzione alle dinamiche relazionali agite all’interno di qualsiasi sistema di appartenenza come la famiglia o un’organizzazione di lavoro (Di Maria, 2000).
Secondo Carli (2000) la convivenza è originata da tre elementi: i sistemi di appartenenza,l’estraneo e le regole del gioco.
I sistemi di appartenenza fanno riferimento alle rappresentazioni simboliche della relazione, fondate sulla simbolizzazione affettiva dell’altro e sulla negazione degli elementi di estraneità. L’estraneo corrisponde a tutto ciò che non appartiene ai sistemi simbolici condivisi tra gli attori della relazione e deve essere sempre considerato una risorsa per lo sviluppo delle relazioni sociali. La relazione, inoltre, è sempre funzione delle regole del gioco deputate al mantenimento del convivere tra ciò che ci appartiene e non. Le regole del gioco evitano, cioè, che l’apertura fra i primi due elementi possa distruggere l’appartenenza stessa, l’estraneo o entrambi (Carli & Paniccia, 2002). L’autore individua inoltre possibili fallimenti della convivenza.
Se si negano le regole del gioco, la relazione tra sistema di appartenenza e estraneo è svincolata da qualsiasi norma o regola, il che configurerebbe l’estraneo necessariamente come nemico. Se si nega l’estraneo verrebbe a mancare la convivenza per definizione: le relazioni, infatti, sarebbero autocentrante entro dinamiche familistiche di concezione della convivenza stessa. Per concludere, la negazione del sistema di appartenenza vincolerebbe le regole del gioco sottoforma di norme che eleggono l’estraneità su un piano ideale a condannare chi valorizza il proprio sistema di appartenenza (Carli, 2000).
L’importanza della dimensione relazionale entro le organizzazioni è ampiamente discussa in numerosi contributi che affrontano i temi della cultura e del clima (Schneider, 1990; Quaglino & Mander, 1987; D’Amato & Majer, 2005; Spaltro, 2004, 1977; Carli & Paniccia, 1999) del benessere e della salute organizzativa (Avallone & Paplomatas, 2005; Favretto, 1994; Warr, 1999).
Secondo Kanenlin (2001), le capacità di un’organizzazione di rispondere adeguatamente ai cambiamenti repentini cui l’ambiente sottopone e la capacità di generare prodotti-servizi evoluti e non predefiniti, è determinata in prima istanza dalla qualità delle relazioni interpersonali nelle parti e tra le parti dell’organizzazione.
Ogni organizzazione è caratterizzata da propri stili, culture, valori, atteggiamenti, caratteristiche strutturali, specificità delle attività, ecc.; di conseguenza, risulta opportuno seguire un approccio grounded di tipo induttivo (Glaser & Strauss, 1967; Martin & Turner, 1986) caratterizzato dalla raccolta di dati ed informazioni a partire dal “particolare” (le modalità collusive dei dipendenti) per giungere ad una grounded theory, ovvero ad una teoria che assume importanza esclusivamente in relazione al contesto di riferimento. In tal senso l’Analisi Emozionale del Testo (Carli & Paniccia, 2002) risulta il metodo elettivo per la comprensione degli agiti emozionali che quotidianamente influiscono sull’efficacia e sull’efficienza dei gruppi di lavoro.

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Rivista di Psicologia Clinica. Teoria e metodi dell'intervento

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